Abbiamo già parlato in un precedente post del Fiscal Compact, nome con cui è meglio conosciuto il “Trattato su stabilità, coordinamento e governance dell’unione economica e monetaria europea”, ovvero il patto fiscale varato il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 paesi dell’Unione Europea (non hanno aderito Gran Bretagna e Repubblica Ceca). Il Fiscal compact si fonda, in estrema sintesi, su due concetti: 1) riduzione del debito pubblico dei paesi europei; 2) pareggio di bilancio. Dal primo gennaio 2015 il Fiscal Compact dovrebbe entrare a regime.
Fiscal Compact: ecco cosa significa per l’Italia
In base alle regole del Fiscal Compact ogni paese europeo aderente al Trattato si impegna a portare il rapporto debito pubblico/PIL al 60% entro venti anni. L’Italia è, al momento, uno dei paesi messi peggio nell’Unione, avendo un rapporto pari al 133%. Peggio di noi solo la “solita” Grecia, giunta al 169%.
L’Italia dovrà dunque ridurre il proprio rapporto debito/PIL di un 5% ogni anno. Qui viene il difficile. Per avere un conteggio esatto del “prezzo” del Fiscal Compact per l’Italia nei prossimi anni dovremmo infatti avere una chiara cognizione di come evolveranno debito pubblico e PIL nel prossimo ventennio: roba da astrologi.
Supponendo, con molto ottimismo, che il debito pubblico non aumenti e, ancora più ottimisticamente, che il PIL aumenti nei prossimi venti anni di 1-2 punti percentuali l’anno (stime che, al momento, appaiono decisamente lontane), il costo “medio” del Fiscal Compact potrebbe ammontare a circa 30 miliardi di euro l’anno. Se invece il debito pubblico dovesse ulteriormente crescere e/o il PIL segnasse una crescita inferiore, nulla o addirittura negativa…la situazione potrebbe diventare ancora più difficile, a meno che i futuri governi non prevedano politiche economiche particolarmente virtuose…
In queste settimane su molti blog, specializzati o meno in temi economici, si possono leggere stime tra loro molto diverse sull’effettivo costo del Fiscal Compact. Si va dalle stime più ottimistiche (si fa per dire) che parlano di 27-30 miliardi l’anno in media nei prossimi 20 anni, fino a stime che superano ampiamente i 50 o anche i 60 miliardi l’anno. Una cosa è certa: comunque vada sarà una cifra enorme.
Se pensiamo alla guerra politica scatenata nei mesi scorsi per l’abolizione – diventata poi semplice sostituzione – dell’IMU, imposta che poteva portare alle casse pubbliche circa 4 miliardi, sarebbe lecito attendersi l’argomento Fiscal Compact al centro di ogni dibattito politico. Soprattutto a pochi mesi dalle importanti Elezioni Europee di maggio. Sappiamo invece che, al momento, gli argomenti “caldi” della politica italiana sono la staffetta Letta-Renzi e la legge elettorale.
Il Fiscal Compact è stato ratificato nel 2012 dal Parlamento Italiano con il voto favorevole di Partito Democratico, Popolo della Libertà e Unione di Centro; l’Italia dei Valori e la Lega Nord hanno votato contro. Nel Parlamento uscito dalle urne di febbraio 2013 restano coerentemente a favore del Fiscal Compact i centristi di UDC, Scelta Civica e Popolari per l’Italia; favorevoli con alcuni distinguo i partiti del centrodestra e il Partito Democratico. Lega Nord e Movimento 5 Stelle chiedono invece apertamente di ridiscutere e, possibilmente, cancellare l’adesione dell’Italia ad un Trattato ritenuto impossibile da rispettare.
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